“Ragazzi parlate” - Didattica a distanza: quando il silenzio in classe non è tollerato.

“Ragazzi parlate” - Didattica a distanza: quando il silenzio in classe non è tollerato.

Filippo Bellavia[1]

 

Dall’inizio della pandemia il tema della Didattica a distanza (DAD) è diventato argomento sempre più dibattuto. Da una parte quello che mi pare sia mancato è la voce degli studenti e dall’altra una riflessione sulle nuove dinamiche relazionali che la DAD ci impone.

Ho incontrato un gruppo di studenti e studentesse delle scuole superiori di Torino, tra i 17 e i 18 anni e mi hanno raccontato i loro vissuti, i loro punti di vista, i loro dubbi, le domande e le perplessità su un fenomeno che nemmeno gli adulti sanno, ancora oggi, come gestire ed elaborare. L’incontro con loro è stato rigorosamente online, abbiamo utilizzato una delle tante piattaforme che permettono incontri e riunioni.

Insieme abbiamo ripercorso quello che è stato l’inizio della chiusura della scuola, intorno al 10 Marzo 2020 ad oggi, soffermandoci sul progressivo cambiamento del loro modo di porsi in questo contesto così radicalmente mutato a cui ci ha costretto il coronavirus.

Per alcuni degli intervistati, il primo effetto alla comparsa del virus, è di aver pianto quando è giunta la notizia che fosse arrivato anche a Torino.  Il virus: qualcosa  di invisibile, che non si poteva  controllare, nessuno sapeva nulla di preciso, non c’era una cura, un rimedio, un vero e proprio fantasma che attentava alla nostra vita, alle nostre relazioni, ai nostri affetti e che inesorabilmente poteva provocare una reazione emotiva forte e scioccante.

Quando, successivamente è giunta la notizia della chiusura delle scuole, la prima reazione era di felicità perché si pensava potesse durare una o due settimane. E’stato  il sogno di tutti non andare a scuola in modo non previsto.

La DAD: all’inizio era un po’ tutto misterioso, non c’era omogeneità nell’uso delle varie piattaforme: prima si usava Zoom, poi si è passati a Google Meet. Zoom era più efficace perché permetteva al docente di intervenire sul pc dell’allievo, ma solo pochi insegnanti usavano Zoom e in più sembrava che questa piattaforma non desse le necessarie garanzie di sicurezza sui dati. Tra gli studenti c’era un disorientamento generale su cosa stesse per succedere.

All’inizio solo alcuni insegnanti facevano lezioni a distanza e si facevano non più di 3 ore al giorno. C’erano poche verifiche di ciò che si era appreso.

Alcuni docenti si sono collegati per fare lezione in remoto solo a partire a inizio maggio. Fino ad allora inviavano video alla classe come lezione senza alcuna altra spiegazione, solo un link sul registro elettronico con su scritto “Guardatelo”. A maggio hanno poi fatto le interrogazioni sui video che avevano inviato. Si facevano lezioni di educazione fisica on line ma non di filosofia. Le lezioni vere e proprie di filosofia sono partite da maggio del 2020.

Una delle difficoltà era tenere a mente i vari codici di accesso alle diverse piattaforme di ogni differente insegnante.

Per qualcuno il rendimento scolastico è migliorato grazie alla DAD perché si aveva più tempo per studiare.

La preoccupazione per l’interruzione della didattica in presenza si è manifestata in modo diverso per ognuno: chi dopo due settimane chi dopo il primo mese.

Quando è stato comunicato che l’anno sarebbe finito stando a casa, senza ritorno a scuola, è iniziata la vera preoccupazione, il vero e proprio malessere per l’impossibilità di poter salutare i compagni nemmeno l’ultimo giorno di scuola. È da lì che si può far risalire il primo segnale che qualcosa di significativo e importante si stava modificando nelle relazioni: il non potere salutare i compagni, non potere festeggiare la fine dell’anno scolastico con una festa collettiva e di condivisione, era qualcosa che non era stato messa in conto, è l’imprevisto che più di altri ha turbato gli studenti, la consapevolezza che la situazione era ed è grave e “seria”.

Il malessere pertanto era più per l’impossibilità di un saluto, un abbraccio, un momento di condivisione importante, che per il virus in sé.

Al ritorno a scuola, a settembre, dopo le vacanze estive, si è iniziata a manifestare po’ di ansia per il contagio. Aumentava la consapevolezza e la conoscenza del virus. Oggi la preoccupazione principale è il fatto che, in vista di una prossima riapertura delle scuole, queste non sembrano essersi organizzate al meglio in termini di sicurezza.

Come da molti è stato sottolineato, la scuola oltre ad essere fonte di informazioni, istruzione, nozioni, è anche stare a contatto con gli altri. Nella DAD prevale l’aspetto nozionistico su quello relazionale che sembra passare in secondo piano. La scuola è soprattutto relazione con i pari, confronto con essi, condivisione e, nel bene e nel male, di questo si ha un grande bisogno per la crescita personale. A scuola nascono amicizie che rimangono per la vita, nascono amori, passeggeri alcuni e più duraturi altri. Molti dei nostri amici più cari li abbiamo conosciuti a scuola, con loro abbiamo riso, pianto, abbiamo condiviso affetti e passioni: la scuola non è solo nozione ma anche e soprattutto “relazione”.  Perciò la scuola va vissuta in presenza, non online.

Solo in presenza si possono copiare le verifiche, l’insegnante che ti sgrida perché non sei attento alla lezione. E’ vero che oggi sono nati altri sistemi per copiare e sono sistemi in qualche modo infallibili, nel senso che difficilmente l’insegnante lo può scoprire, ma c’è un certo piacere anche nell’essere scoperti, piacere della relazione viva e in presenza. E questo piacere viene riscoperto oggi che non c’è.

A distanza tutto sembra più finto, manca l’odore della classe, del gesso, del cancellino, i profumi dei compagni e delle compagne di classe.

Con le lezioni online a volte si ha l’impressione di perdere la cognizione del tempo. Sembra che il tempo si sia fermato, congelato, e si è in attesa dello scongelamento, ma nel frattempo si è cresciuti e ci si trova a dover fare i conti con un tempo congelato con un corpo che intanto è cresciuto. Questa, per gli adolescenti, è una grossa perdita ed è pregna di significati.

La giornata viene scandita da: svegliarsi, accendere il computer, fare video lezione nella tua stanza senza contatto fisico con i tuoi compagni. Dopo la lezione fai i compiti con il computer, poi la sera fai una video chiamata con i tuoi amici e alla fine ci si rende conto di essere rimasti nella propria stanza il 90% della giornata. La relazione dei corpi che si incontrano è un’assenza che difficilmente potrà essere recuperata e con questa dovranno farci i conti in futuro con risvolti ad oggi sconosciuti.

Un aspetto importante che inevitabilmente si modifica con la DAD è la qualità della comunicazione, non solo tra compagni, ma anche tra insegnanti e classe. Con la DAD ci sono meno interazioni e spesso gli insegnanti sollecitano gli studenti, durante la video lezione, a parlare, a dire qualcosa: “Ragazzi parlate!”

Durante una lezione tradizionale, in presenza, gli studenti parlano e l’insegnante li rimprovera invitandoli al silenzio ed a seguire. Nella DAD in genere tutti hanno il microfono spento per evitare rientri fastidiosi e l’insegnante fa lezione in un silenzio innaturale. E’ capitato che qualche insegnante invitasse a dare qualche segno di vita in questo silenzio innaturale con il quale si trova a fare lezione: “Qualcuno parli!”.

Capita, inoltre, più spesso di quanto non succeda in presenza che gli insegnanti chiedano agli studenti: “Come stai?”. In genere una lezione tradizionale inizia con un “buongiorno, iniziamo la lezione… “. A distanza invece spesso è il “come stai” che la introduce.

Con la DAD cambiano anche gli “scenari” della relazione: a volte l’insegnante è a casa per la lezione e qualche frammento della sua vita privata entra in “classe”: qualche figlio che passa davanti la telecamera o che ascolta musica e rientra nel microfono dell’insegnante. Si sono aperti canali di comunicazione che prima erano preclusi.

Queste considerazioni, raccolte ascoltando un gruppo di studenti, dovrebbero farci riflettere sia come clinici professionisti, ma sia, soprattutto, come adulti che sono in relazioni con gli adolescenti che stanno attraversando una fase cruciale del loro sviluppo psicologico. Il momento che stiamo vivendo è unico, mai sperimentato, e tenere le antenne dell’ascolto aperte e attive è un compito che non possiamo evitare di assolvere.

[1] Psicologo – Psicoterapeuta, socio fondatore Istituto Psicoanalitico Forbas

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