PSICO-cosa?


PSICOLOGO, PSICOTERAPEUTA, PSICOANALISTA, PSICHIATRA CHE DIFFERENZA C'È?


Annalisa Ventura[1]


Nella mia carriera ho incontrato tante persone che mi hanno chiesto che lavoro facessi, alla risposta sono una psicologa – psicoterapeuta ho letto nei loro occhi un misto di ammirazione e confusione ed immediatamente la domanda successiva era “allora devo fare attenzione a come parlo perché mi leggi nel pensiero” oppure “ma che differenza c’è tra lo psicologo e lo psicoterapeuta?” e soprattutto “allora mi puoi prescrivere un farmaco per la mia ansia?”, questi sono solo alcuni dei dubbi che ancora oggi hanno molte persone sulla figura dello psicologo o più in generale sulle discipline che hanno a che fare con la psiche. In questo breve articolo cercherò di fare chiarezza e spiegare quali sono le figure professionali e sanitarie che si occupano degli stati di sofferenza connessi alle difficoltà che si presentano nella vita quotidiana, legati agli affetti, al lavoro fino ai più significativi considerati veri disturbi mentali e soprattutto sulle differenze più rilevanti tra un medico e uno psicologo.
 
PSICOlogo
Molti anni fa a Torino non esisteva la facoltà di Psicologia, ma il percorso di studi era all’interno della facoltà di Magistero, soltanto con la costituzione del Dipartimento di Psicologia nei primi anni Ottanta (1982) e con il forte impegno nella formazione clinica degli psicologi, nasce la facoltà di Psicologia e l’importanza di questa costituzione è documentata dall’altissimo numero di iscritti al primo Corso di Laurea in Psicologia. Inizialmente il corso di laurea aveva una durata di 5 anni composto da un biennio + un triennio alla fine della quale si conseguiva una laurea in Psicologia. L’attuale facoltà di Psicologia è suddivisa in due livelli: la laurea triennale che abilita alle scienze e tecniche psicologiche e laurea magistrale (quinquennale) con un indirizzo specifico in una determinata area della psicologia: clinica, del lavoro, di comunità e in scienze cognitive. Dopo aver conseguito la laurea triennale in scienze e tecniche psicologiche si diventa “Dottore in tecniche psicologiche per i contesti sociali, organizzativi e del lavoro” o “Dottore in tecniche psicologiche per i servizi alla persona e alla comunità “. Con questa laurea triennale si può svolgere, solo se supervisionato da uno Psicologo senior iscritto alla sezione A dell’albo, la professione nel settore delle tecniche psicologiche per i contesti sociali, organizzativi, del lavoro e della comunità. Un laureato in tecniche psicologiche può collaborare su un progetto in cui è previsto un intervento psicologico di valutazione cognitiva o riabilitativa, rivolto al singolo o a gruppi, nell’ambito della psicologia dello sviluppo, dell’educazione, in psicologia clinica e della salute. Solo dopo il conseguimento della laurea magistrale in psicologia, si può operare come psicologo negli ambiti previsti dall’Ordinamento della professione. Il corso di laurea prevede l’insegnamento di molte discipline che spaziano dalla biologia alla storia della psicologia, dalla farmacologia alla filosofia. Durante il percorso di studio vengono approfonditi diversi ambiti, quali i processi cognitivi, la memoria, l’attenzione, le emozioni, le relazioni con le figure di attaccamento, il comportamento, ma soprattutto come questi processi si manifestano all’interno della popolazione, ponendo l’attenzione ove queste si manifestano in maniera disfunzionale. Dopo la laurea è necessario apprendere le competenze teoriche attraverso un tirocinio pratico esperienziale della durata di 1 anno, al termine del quale è necessario sostenere un esame di stato per l'abilitazione della professione, solo il superamento dell’esame permette di ottenere il titolo di Psicologo ed iscriversi all’albo degli psicologi della regione di residenza. Lo psicologo junior (laurea triennale) potrà iscriversi all’Albo B, mentre lo psicologo magistrale all’Albo A. Quindi per essere Psicologi bisogna aver conseguito una laurea in Psicologia, aver svolto un tirocinio pratico post-lauream, aver superato l’esame di stato ed in ultimo essere iscritti all’ordine degli psicologi. Con la sola laurea in Psicologia non ci si può definire psicologi, solo chi è iscritto all'Ordine, e nessun altro, può dirsi psicologo. Questo è un punto essenziale, perché chi si presenta come psicologo ma non è iscritto all'Ordine commette il reato di "esercizio abusivo della professione’’. Il lavoro dello psicologo si basa innanzitutto sull’uso della parola, attraverso la terapia della parola, aiuta la persona a superare le sofferenze o ad alleviarle per tornare ad avere una vita soddisfacente, tramite l’uso del colloquio aiuta la persona a comprendere il proprio disagio, ad essere consapevoli che si ha un malessere che procura questa sofferenza psichica. Ci sono dei momenti della vita di una persona che possono essere molto difficili o dolorosi, da affrontare da soli, pensiamo ad una separazione molto conflittuale oppure ad un lutto, generalmente questi vengono affrontati con naturalezza da molte persone ma alcuni individui possono avere degli strumenti insufficienti a fronteggiare queste situazioni, sono individui che manifestano una fragilità psichica antecedente all’evento e questi episodi possono rappresentare per loro un momento di fallimento individuale o di disperazione. Mi è capitato più volte di sentirmi dire dai miei pazienti che non avrebbero mai creduto di poter raccontare ad un estraneo delle questioni molto intime della loro vita e di essere contenti di aver deciso di andare dallo psicologo perché stanno meglio oppure che inizialmente non erano molto motivati ad intraprendere un percorso terapeutico perché pensavano di poterlo affrontare da soli. Spesso le persone credono di non dover esprimere i propri sentimenti, le proprie emozioni, sia positive ma e soprattutto negative, spesso per uno stereotipo di non apparire deboli o vittime, ma non esprimere i disagi e nascondere la sofferenza emotiva crea dei sintomi o degli stati d’animo che creano sofferenza sia emotiva come aggressività o depressione, oppure sintomi di ansia, difficoltà relazionali, insonnia oppure che possono anche ripercuotersi sul fisico ( malattie psicosomatiche). Quindi, lo psicologo si occupa di analizzare la richiesta d’aiuto e fornire una consulenza psicologica e proporre un percorso di sostegno o supporto psicologico. L’articolo 3 del codice deontologico degli psicologi italiani cita “psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità”. Il ruolo dello psicologo è quello di ascoltare, comprendere e sostenere il paziente, non dà consigli e non si sostituisce al paziente nelle decisioni che deve prendere. Lo psicologo non cerca di risolvere i problemi del suo paziente, lo aiuta ad attivare le sue risorse interiori per risolvere i problemi o cerca di svilupparne altre e nel caso questo non sia possibile, lo aiuta ad accettare le cose che non si possono cambiare. Lo psicologo inoltre può svolgere colloqui ai fini diagnostici, può somministrare test, può svolgere attività di orientamento, può praticare tecniche di rilassamento e può collaborare nella selezione del personale. Lo psicologo non è un medico e non ha alcun titolo per prescrivere medicine, non ha nessuna competenza sui farmaci, a meno che non sia anche un medico.
 
PSICOterapeuta
Per diventare psicoterapeuta invece, è necessario frequentare una scuola di specializzazione in psicoterapia riconosciuta dal M.I.U.R. (Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca). Le scuole di specializzazione che permettono l’iscrizione all’albo degli psicoterapeuti sono molte e molto diverse fra loro, ognuna di queste insegna a lavorare utilizzando un modello teorico che prevede l’utilizzo di tecniche o combinazioni di tecniche che riflettono l’unicità dell’impostazione teorica che rende ciascuna scuola diversa dalle altre, questo vuol dire che i terapeuti possono lavorare in modi anche molto differenti fra loro. Quasi tutte le scuole di specializzazione hanno una durata di 4 anni e prevedono degli insegnamenti teorici e pratici attraverso un tirocinio formativo per tutta la durata della scuola presso enti pubblici accreditati. Per alcuni indirizzi teorici, soprattutto quelli ad indirizzo psicodinamico è obbligatorio intraprendere una propria analisi personale, quindi al termine del percorso per diventare psicoterapeuti molti professionisti come me hanno già sperimentato con un collega “esperto” la posizione del paziente in terapia. La psicoterapia è dunque un intervento che lavora su aspetti più profondi della psiche, pertanto lo psicologo non può fare terapia e non può chiamarsi psicoterapeuta. Attualmente nel panorama delle discipline psicologiche in Italia esistono circa 300 scuole di specializzazione in psicoterapia ognuna delle quali ha un suo orientamento teorico e tecnico. Gli approcci psicoterapeutici maggiormente conosciuti sono la Psicoanalisi e la psicoterapia psicodinamica, la terapia cognitivo-comportamentale, lo psicodramma, la terapia Adleriana, la terapia Junghiana, la terapia sistemico-famigliare, la terapia relazionale e molte altre.
Farò una breve descrizione delle scuole di psicoterapia più conosciute:
▪ La psicoterapia psicoanalitica o Psicoanalisi: È stata fondata da Sigmund Freud, è stata la prima teoria psicologica che ha introdotto i concetti di inconscio, transfert, conflitto psichico e pulsioni. La caratteristica principale è che fonda la sua pratica terapeutica sul lavoro sui sogni e sulle fantasie e sulle libere associazioni del paziente in terapia; Per questa impostazione terapeutica è importante lavorare sul conflitto inconscio che crea sofferenza al paziente, il sintomo è considerato solo come la reazione psichica ad un disequilibrio inconscio. La psicoterapia psicoanalitica cerca di scoprire le origini profonde ed inconsce del conflitto da cui il sintomo ha tratto energia, così l’individuo ha la libertà di trovare soluzioni più adeguate. Da Freud in poi sono nate altre correnti psicoanalitiche: questo vuol dire che è un errore fare coincidere la psicoanalisi esclusivamente con Freud, dopo Sigmund Freud, sono nate diverse correnti dal suo pensiero originale, definite post-freudiane tra queste la scuola Junghiana da Gustav Jung e quella Adleriana da Alfred Adler, queste attribuiscono un peso differente alle diverse componenti della teoria dello sviluppo psicosessuale di Freud, introducendo anche elementi nuovi non considerati da Freud. Le scuole di psicoterapia che si ispirano alla psicoanalisi insegnano a praticare la cosiddetta "psicoterapia psicoanalitica". Pertanto, per diventare “psicoanalista” bisogna necessariamente sottoporsi in prima persona ad un'analisi personale che può avere una durata variabile (almeno qualche anno) con il fine di risolvere eventuali conflitti personali irrisolti e di acquisire maggiori competenze professionali, in modo da riuscire ad essere obiettivo ma al tempo stesso empatico con i propri futuri pazienti. Il merito di questa pratica che è ancora attuale ai giorni nostri fu teorizzata da Carl Gustav Jung. La testimonianza storica della priorità junghiana è un’affermazione dello stesso Freud, contenuta nei Consigli al medico nel trattamento psicoanalitico: “Tra i molti meriti della scuola analitica zurighese annovero quello di [avere fissato] l’obbligo per chi voglia compiere l’analisi su altri di sottoporsi preliminarmente a un’analisi presso un esperto. Se si vuole fare sul serio questo lavoro bisogna scegliere questa via, che promette più di un vantaggio; il sacrificio che comporta l’aprirsi a un estraneo senza esservi indotto da malattia, viene ampiamente ricompensato.” (Freud, 1912, p. 537).
▪ Psicoterapia Adleriana: L’altra pratica psicoanalitica post-Freudiana è quella ideata da Alfred Adler, secondo cui i sentimenti di inferiorità possono determinare l’insorgenza di comportamenti nevrotici, ma nel giusto contesto, possono anche essere utilizzati come motivazioni per cercare un maggiore successo. Attraverso l’esplorazione di sentimenti di inadeguatezza e inferiorità originati in base alla propria storia familiare infantile o conseguenza di alcuni difetti fisici della persona, la terapia mira nel paziente allo sviluppo della fiducia e dell’autostima e all’accrescimento delle capacità di avere relazioni intime e positive con gli altri.
▪ Psicoterapia Cognitivo – Comportamentale: Secondo questa teoria i problemi emotivi sono il prodotto di credenze disfunzionali che si mantengono nel tempo, nonostante la sofferenza che il paziente sperimenta. Nella terapia cognitivo-comportamentale la persona viene aiutata a cogliere come i propri pensieri e convinzioni determinino le proprie difficoltà emotive e comportamentali. Secondo questa teoria non sarebbero gli eventi a creare e mantenere i problemi psicologici, emotivi e di comportamento, ma essi vengono influenzati dalle strutture e costruzioni cognitive dell’individuo. Ciò che caratterizza e distingue la psicoterapia cognitiva, infatti, è la spiegazione dei disturbi emotivi attraverso l’analisi della relazione tra pensieri, emozioni e comportamenti.
▪ Psicoterapia Psicodrammatica: Questo tipo di terapia utilizza l'approccio psicodrammatico moreniano, utilizzando maggiormente la tecnica dello psicodramma di gruppo e bipersonale. Lo psicodramma è un'elaborazione teorica e un metodo psicoterapeutico e formativo elaborato dallo psichiatra J.L. Moreno, attraverso uno specifico setting e una serie di strumenti, di tecniche e di funzioni d'azione, lo psicodramma permette la rappresentazione cioè la messa in scena del proprio mondo interiore da parte di un protagonista con l'aiuto degli io ausiliari, ciò favorisce l’insight in ogni partecipante e nel gruppo stesso, rappresentando diversi scenari (eventi della propria vita, fantasie, sogni o emozioni) il gruppo viene stimolato a divenire consapevole delle proprie emozioni e dei propri conflitti e a trovare nuove soluzioni.
▪ Terapia Sistemico Familiare: La terapia sistemico – relazionale individua il disagio psichico come il risultato di uno squilibrio che si crea nei sistemi in cui l’individuo vive le proprie relazioni significative, la coppia oppure il nucleo familiare.
È la persona sofferente, che porta con sé un disagio psicologico, ed è “l’espressione” del contesto familiare squilibrato: il terapeuta, durante le sedute, non si focalizza solo su di essa ma su tutti i membri della famiglia, stimolandone il cambiamento dell’intero nucleo familiare. Questo squilibrio famigliare genera le tensioni emotive che conducono il paziente al sintomo. In tale ottica l’individuo attraverso il sintomo si fa portavoce di una istanza che coinvolge in realtà i vari componenti della famiglia. Ecco perché si parla di “funzione del sintomo” all’interno del sistema relazionale in cui l’individuo è inserito.
▪ Terapia della Gestalt: La psicoterapia della Gestalt Therapy è un metodo psicoterapico post-analitico nato negli Stati Uniti negli anni ’50, dallo psicoanalista tedesco Frederick Perls, della moglie Laura Posner e di un gruppo di intellettuali statunitensi, tra cui Paul Goodman e Isadore From. La terapia della Gestalt si basa sul concetto cardine del qui ed ora, considera che tutto ciò che accade sia Adesso, perché il passato non esiste più ed il futuro non esiste ancora. I terapeuti gestaltici percepiscono il paziente come una persona ricca di potenzialità tali da fargli superare qualsiasi avversità e ad esplorare la propria felicità. Il terapeuta gestaltico aiuta l’individuo, mediante tecniche ed esercizi, a focalizzarsi sul momento presente, sulle sue convinzioni, emozioni e sensazioni fisiche che sta sperimentando nel qui-e-ora.
Quindi per riassumere lo psicoterapeuta, conseguita la specializzazione quadriennale in uno dei differenti orientamenti psicoterapeutici descritti sopra, nel corso della sua carriera potrà approfondire la sua formazione con corsi di aggiornamento o Master, ciò non lo trasformerà in un “tuttologo” ma gli consentirà di sviluppare ed accrescere conoscenze che potrà applicare durante la sua pratica clinica in specifiche situazioni (ad esempio trattamento di disturbi d’ansia, traumi, disturbi alimentari …). Ovviamente ci sono altri importanti orientamenti psicoterapeutici ma per brevità mi sono soffermata ai più conosciuti. Ci si domanda spesso il “perché” esistono tutti questi approcci terapeutici differenti tra loro e soprattutto perché una persona sofferente dovrebbe scegliere un terapeuta con una formazione piuttosto che un altro?                                                                                      Molti studi hanno dimostrato che l’efficacia di una terapia non dipende soltanto dal tipo di approccio e di tecniche utilizzate quanto piuttosto dalla relazione che la persona riuscirà a costruire con quel terapeuta, questo gli consentirà di sentirsi sicuro che il lavoro che sta facendo è nella direzione del proprio benessere e della propria autonomia. La scelta giusta dipende dalla relazione che si instaura tra paziente e terapeuta.                                                Questo articolo ha l’obiettivo di spiegare e far comprendere al lettore è che se si sta attraversando un periodo difficile della propria vita e ci si rende conto di aver bisogno di un aiuto più specifico e mirato facendo riferimento ad uno psicoterapeuta, la prima cosa da fare è appurare che la persona a cui hai chiesto aiuto sia seria e professionale. Quindi, quando si è in dubbio su quale specialista sia più idoneo per il proprio malessere, bisogna innanzitutto assicurarsi che i professionisti a cui ci si rivolge NON siano “esperti della mente” improvvisati, diventati pseudo-psicologi (quindi non psicologi) con corsi brevi e spesso poco seri, bisogna assicurarsi che la figura a cui ci stiamo rivolgendo sia innanzitutto iscritta ad un Albo Professionale, verificabile andando nel sito dell’Ordine degli Psicologi della regione di appartenenza, per il Piemonte si può accedere attraverso il seguente link: https://www.ordinepsicologi.piemonte.it/
Di verificare l’elenco degli Istituti di Specializzazione in Psicoterapia, abilitati ai sensi del Regolamento (D.M. 11 dicembre 1998 n. 509) ad istituire e ad attivare corsi di specializzazione in psicoterapia, attraverso il seguente link:
https://www.miur.gov.it/psicoterapia
 
PSIchiatra
Lo psichiatra è laureato in Medicina e chirurgia e con la specializzazione in Psichiatria, cioè un corso di studi orientato alla cura dei disturbi e delle malattie mentali attraverso modalità e strumenti caratteristici della professione medica, essendo pertanto un medico, ha competenza per prescrivere farmaci, questo gli permette di intervenire sui disturbi mentali dal punto di vista farmacologico. Per la sua specifica formazione medica lo psichiatra è maggiormente orientato a considerare il disturbo mentale come derivante da un malfunzionamento, uno sbilanciamento a livello biochimico del sistema nervoso centrale. Per questo motivo la principale modalità di cura proposta dallo psichiatra è quella farmacologica. Lo psichiatra può anche essere psicoterapeuta, per la cui abilitazione deve frequentare la scuola di specializzazione quadriennale e richiedere specifica iscrizione presso l'Ordine dei Medici di appartenenza. La differenza sostanziale tra psicologo - psicoterapeuta e lo psichiatra risiede nel modo di vedere la persona e nell'approccio utilizzato, i primi due guardano la persona nel suo insieme, cercando di capire da quale conflitto interno nasce il disturbo, lo psichiatra utilizza un metodo che può essere definito più di diagnosi e cura, si focalizza solo sul sintomo cercando di risolvere solo quello, esattamente come fa il medico per i disturbi legati al corpo. Negli ultimi anni gli psichiatri, quelli di ultima generazione, hanno capito l’importanza del così detto “approccio integrato” cioè l’integrazione delle cure farmacologiche abbinate all’intervento terapeutico.
 
IL NEUROLOGO
Il neurologo è un laureato in Medicina e chirurgia e con la specializzazione in neurologia. Egli si occupa prevalentemente di patologie e disturbi collegati al nostro cervello, cervelletto e di tutto il sistema nervoso, come ad esempio le lesioni o deficit del sistema nervoso (come tetraplegie, atrofia spinale progressiva, sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica) oppure deficit legati all’invecchiamento e al decadimento motorio e cognitivo (come ad esempio Parkinson ed Alzheimer). Per completezza vi cito anche il lavoro dei counselor, sul quale si è discusso molto in questi ultimi anni.
 
IL COUNSELOR
La figura professionale del counselor NON è riconosciuta dallo Stato e non può essere definita come “agevolatore nelle relazioni d’aiuto in ambito patologico”. Diversamente dalle altre quattro figure professionali prese in considerazione in questo articolo, il counselor non è una professione regolamentata dallo Stato cioè non c’è un ordine professionale che fissa quali siano i requisiti della professione, sia sotto l’aspetto del percorso formativo per acquisire il titolo di counselor sia per stabilire un codice di condotta (codice etico e deontologico) da adottare per garantire e tutelare gli utenti ( che non possono essere definiti pazienti) Non essendo una professione sanitaria l’ambito di pertinenza del counselor è limitato alla salutogenesi agisce cioè in quei contesti dove NON c’è disagio o disturbo mentale. Il counselor non tratta il disturbo mentale e quindi non “cura”; non potendo per legge erogare una terapia (né psicologica, né psicoterapica, né farmacologica, né di altro tipo) non è un terapeuta. Il CNOP – Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, nel dicembre 2018, ha espresso la sua posizione di contrarietà al progetto sul Counselor, poiché le attività attribuite al counseling “rientrano a pieno titolo tra le attività tipiche della professione di psicologo.” “E non possono essere riconosciute ad una professione non regolamentata”. Quindi dal dicembre 2018 il counseling è definitivamente riconosciuto fra le tecniche e gli atti tipici della professione di psicologo e NON può essere ne potrà diventare una professione a sé stante. Fare counseling senza la laurea in psicologia e soprattutto senza essere iscritti all’Ordine degli psicologi è fare ABUSO della professione.
 
[1]Psicologa – Psicoterapeuta, Socio fondatore Istituto Psicoanalitico Forbas

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